Omelia a cura di frà Tonino B. Bono, ofm
Sia lodato Gesù Cristo!
Il 23 Agosto 1994, alle ore 12:40, Suor Alfonsa transitava. Transitava da questa realtà terrena, pur bella, e per lei molto dolorosa, a quella ancora più bella che lo Sposo celeste aveva a lei preparato.
Oggi sono ben 24 anni, carissimi fratelli e sorelle, che noi celebriamo questo anniversario. Sempre numerosi, sempre devoti, sempre attenti, sempre premurosi di accogliere da Suor Alfonsa l’invito ad un cambiamento, l’invito ad un miglioramento della nostra vita. Sarebbe vano che, così numerosi, non riuscissimo a cogliere la sua delicatezza, la sua spinta ad andare avanti per costruire anche noi la nostra santità.
Questo evento vuole aiutarci ancora una volta a prendere consapevolezza della nostra identità di battezzati, della nostra identità di persone consacrate, scelte da Lui, a potere dilatare il Regno di Dio così come possiamo, ma dando a Lui il massimo di noi stessi, la massima disponibilità, la massima docilità. Suor Alfonsa in questo eccelle.
E’ stata una donna innanzitutto molto forte, molto audace, molto coraggiosa fin dall’inizio. Un saluto cordiale anche ai parenti di Suor Alfonsa che ogni anno, si rendono presenti. E non possiamo dimenticare la matrice, come diceva Madre Chiara, umana. La nostra realtà, quella che noi siamo il frutto della nostra famiglia, dell’educazione che abbiamo ricevuto, della cultura, della spiritualità, e Suor Alfonsa questo bagaglio, lo ha ricevuto dalla sua famiglia numerosa. Una famiglia che ha vissuto i pellegrinaggi dei trasferimenti del padre, ma che tuttavia era compatta, unita, non solo nella laboriosità, ma anche, nella fede. E quindi, questo elemento umano oggi lo vorrei sottolineare perché permette a noi di comprendere il grande valore della famiglia. L’uomo nasce, cresce, sviluppa se stesso, diventa qualcuno, si afferma nella società grazie a quella matrice che ha ricevuto, a quelle basi cioè solide. La famiglia. E noi come cristiani, come cattolici, dobbiamo sapere impegnarci per potere custodire e magari direi difendere, in questo momento storico di passaggio, la nostra famiglia.
Ma a questo primo momento, segue il secondo momento, quello della chiamata, della elezione e Suor Alfonsa lo ha compreso lentamente e gradualmente. Noi ci prepariamo al Sinodo che Papa Francesco ha indetto, al Sinodo dei giovani, dove la fede ed il discernimento sono i due temi che costituiscono i capisaldi della riflessione dei Padri Sinodali. Discernimento, comprendere la vocazione, significa porsi in lunghezza d’onda con il Signore, capire la Sua volontà, come devo utilizzare i talenti con i quali Dio Creatore ha ornato la nostra vita e come utilizzare anche il dono della Fede che abbiamo ricevuto nel giorno del nostro battesimo. E’ un impegno che deve dare l’orientamento per tutta la nostra esperienza umana. E Suor Alfonsa capì lentamente e gradualmente, attraverso anche dei segni, quale impegno doveva assumere nella sua vita di fede, di essere sposa di Cristo.
Ecco faccio riferimento subito al Vangelo, una sposa è il titolo più alto dopo quello di madre di Dio, che si può attribuire ad una creatura. Sposa di Cristo!
Come l’ha vissuta questa sua sponsalità?
Innanzitutto l’ha vissuta con il suo impegno, specifico di tutti noi consacrati. Noi viviamo cinque momenti della nostra consacrazione che sono: i consigli evangelici, il voto di castità, il voto di povertà, il voto di obbedienza, il voto di vivere l’impegno della fraternità ed infine il nostro apostolato; questo è per tutti i religiosi. Lei l’ha vissuto con questo spirito di oblazione, di donazione, di amore, una risposta che è stata pronta. Una risposta che è stata anche generosa.
La castità, il suo fulgore, il suo amore unico ed esplosivo verso il Signore, era evidente dai suoi occhi. Il mistero di una persona si rivela spesso dai suoi occhi, il Vangelo lo dice, gli occhi sono lo specchio dell’anima. Suor Alfonsa aveva due occhi che erano due stelle.
Io l’ho conosciuta nel 1978 in un momento particolare della mia vita e non mi sono mai più distaccato da lei. Son trascorsi molti anni. Lei è stata prima il discernimento spirituale, poi è diventata una maestra spirituale, e dunque la sua castità era custodita anche dalla sua pudicizia. Aveva un tratto femminile molto forte, molto marcato. La sua eleganza, la sua signorilità, la sua esperienza di donna, riuscivano a mettere in evidenza queste virtù.
Poi la sua povertà, la dipendenza dalla vita nostra dell’essenzialità, cose giuste che ogni religioso/religiosa deve possedere per fare riferimento a Cristo povero, il quale da ricco che era si fece povero per noi. E’ nato in una stalla ed è morto sulla croce denudato, dopo quattro processi due civili e due religiosi che l’hanno condannato alla pena capitale. Solo. Si è trovato dei dodici uomini che si era formato, un solo uomo, abbandonato.
La povertà spirituale, la povertà dell’essere, la povertà delle cose. Lei l’ha vissuta con radicalità. Nei suoi diari sono presenti le letterine che lei inviava alla sua Superiora quando Suor Alfonsa visse in quest’Istituto, in questa Casa Madre, in questa culla della Riparazione. Le suore erano molto numerose in quegli anni, quindi trovare la Superiora non era facile. Lei preveniva, non faceva nulla senza l’obbedienza, senza la possibilità di chiedere alla superiora dei permessi scritti. Vi faccio ridere, chiedeva il permesso anche di poter prestare l’ago da cucire ad una consorella. La sua vita detersa, le faceva comprendere l’esigenza dell’amore che doveva essere radicale e non superficiale; così per l’obbedienza, sempre pronta a rinunziare non solo ai beni del suo corpo, ai beni materiali, alla sua VOLONTA’! Per noi religiosi è il più grande sacrificio. Ci conforma a Cristo, il quale imparò l’obbedienza dalle cose che patì.
Poi la fraternità, la fraternità la viveva in un modo molto semplice ma anche profondo, cioè era attiva nella fraternità, non era passiva. Addirittura lei si preparava ai momenti di fraternità. Aveva anche dei libretti di barzellette che imparava per tenere l’umore delle sue consorelle alto. La fraternità per noi è un luogo teologico, non è solamente uno scambio di opinioni, ma è qualcosa di più profondo. Una fraternità come quella di Suor Alfonsa fu vissuta nel dialogo. Comunicava! Comunicava ciò che Dio faceva in lei ed accoglieva ciò che Dio faceva nelle consorelle. E’ la prima grande C che ho riscontrato nei suoi scritti: la COMUNICAZIONE! Pensate un poco, oggi la scienza umana ci presenta questo elemento come un’elemento fondamentale! COMUNICARE! Lei non l’ha studiato alle università, lei l’ha studiato davanti al Tabernacolo, ha appreso questa lezione, ha avuto questa ispirazione proprio nella sua preghiera. COMUNICAVA!
La seconda C era la CONDIVISIONE! La condivisione della vita, delle gioie, dei dolori, degli inverni e delle primavere.
E poi la COLLABORAZIONE! Collaborava alla vita della Fraternità affinché l’ordinamento della comunità potesse essere un segno proficuo. Questa è una Casa Madre dove la scuola, dall’infanzia in poi, era necessario organizzarla. Molti degli alunni delle suore Ancelle Riparatrici hanno testimoniato a favore dello spessore della santità della nostra carissima Serva di Dio, formate dalle suore che hanno operato in questa Casa.
Alla Fraternità, si accompagna l’Apostolato. Lei era partita in America, e poi è tornata invalidata nel 1968, ma la sua forza di sentirsi missionaria non è stata mai archiviata. Ha fatto la missionaria in un modo diverso. In America in quegli 8 anni in cui ha vissuto, si era prodigata per il bene della Comunità in tanti modi, è tornata invalidata qui in Italia, è rimasta sulla sua sedia a rotelle, visse la sua malattia come tutti sappiamo per 33 anni su 57 di vita terrena e ben 21 anni in sedia a rotelle.
Attraverso questa sua presenza in questa casa, sulla sedia a rotelle, c’era un via vai di persone. Erano uomini, erano donne, erano giovani, erano seminaristi, erano preti, erano religiosi. Lei aveva finito il suo discernimento spirituale, adesso senza saperlo, era un punto di riferimento. A lei chiedevano consiglio anche i sacerdoti, anche i seminaristi per la loro maturazione della vocazione, anche le religiose ed i religiosi. Un tesoro. Un punto di riferimento ancora oggi validissimo.
Ma questi sono gli elementi costitutivi, se volessimo approfondire l’originalità di Suor Maria Alfonsa, credo che l’idea forza sia la sua Preghiera Eucaristica e la sua Preghiera Mariana. Lei, da vera Ancella Riparatrice, quasi facendo propri gli insegnamenti del Fondatore, incarnandoli, seppe comprendere il grande tesoro dell’Eucaristia. Spesso diceva: “il tesoro nascosto, l’Eucaristia”. Non solo si cibava dell’Eucaristia, ma Adorava l’Eucaristia e non per pochi minuti, per molte ore durante il giorno. E poi sostituiva a volte le suore che insegnavano, per motivi pratici, a potere fare l’Adorazione Eucaristica notturna. Le insegnanti l’indomani mattina dovevano alzarsi per potere accogliere i loro alunni, in certi momenti gli impegni scolastici erano così numerosi e Suor Alfonsa si proponeva per potere sostituire la loro ora di Adorazione.
L’Adorazione Eucaristica e la sua devozione a Maria. Forse sbaglio a dire devozione. No infatti, mi correggo subito. Lei non ha avuto una devozione a Maria, per niente. Lei ha avuto una forte relazione con Maria! E’ diverso. Si è sentita figlia di questa Donna singolare, la Madre del Signore, la Madre della Chiesa, la Patrona ed il Modello di ogni anima consacrata. Il suo rapporto era vivo con la Vergine Maria per cui la pregava e la imitava. Le sue eccelse virtù di Madre del Signore tutta Santa, piena di Grazia, Benedetta, erano per lei motivo di meditazione, di preghiera e di contemplazione. Gustava la presenza di Maria.
La sua preghiera “Usami Madre di Dio, Regina del mio cuore, per la gloria di Dio e la salvezza delle anime”. Ma penso che è indubbia direi l’originalità, lo ha detto poc’anzi Madre Chiara, sia proprio questa, l’offerta del suo dolore per amore. E’ questa a mio avvisto l’originalità di Suor Alfonsa. Non è stata mai vinta, mai piegata, mai nessuno seppe togliere il sorriso dalle sue labbra. Questo dono, io ritengo che sia un dono carismatico, è stato corrisposto da Suor Alfonsa con prontezza, ma anche generosità e profonda umiltà. Comprese bene di essere Ancella Riparatrice. Coscienza chiara, identità chiara. Una spina dorsale dritta dentro un linguaggio umano.
Lei ha vissuto con questa oblazione, con questa capacità di potere diventare così, motivo di attrazione e noi in questa Santa Eucarestia vogliamo ricevere questo stimolo di Suor Alfonsa a vivere bene la nostra vocazione, la nostra missione, a potere realizzare il progetto che Dio ha su di noi, lasciando un segno. Dobbiamo lasciare un segno. Sarebbe veramente da poveracci, non da poveri, concludere la nostra parabola terrena senza lasciare un segno del nostro passaggio sulla terra. E allora il nostro impegno dev’essere simile a quello di Suor Alfonsa, capire sempre meglio il nucleo essenziale della nostra vocazione cristiana, l’originalità della nostra vita. E poi poter rispondere al Signore con questo slancio di generosità e di gioiosità che ha contraddistinto la Serva di Dio.
Saremmo capaci di poterlo fare? Senz’altro! Ma il segreto è: non da soli.
Suor Alfonsa, in questo cammino di crescita e di maturazione della sua vocazione, della sua missione, ha avuto dei punti di riferimento. Il suo punto di riferimento è stato il suo Padre spirituale che era una figura molto importante per lei, come per l’intera Congregazione, Padre Terenzio, Padre Francescano Cappuccino.
La sua vita fu messa nelle mani di Dio ma anche nelle mani di Padre Terenzio. E concludo, Padre Terenzio comprendendo che era dinanzi ad una suora che viveva con coerenza, con impegno, che viveva veramente il suo essere consacrata a Dio, rifiutò diverse volte la richiesta di Suor Alfonsa di formulare il quarto voto, il voto di martirio. Padre Terenzio non accolse per diverse volte la sua richiesta; ma la costanza, l’audacia, il coraggio della nostra Serva di Dio che contraddistinguevano la sua forte personalità prima umana e poi religiosa, fecero ottenere questo permesso. Fu un giorno benedetto da Dio quando Suor Alfonsa, nelle mani di Padre Terenzio, fece il quarto voto, il voto di martirio.
Era giunta ormai ad una conformazione a Cristo Signore la sua vita, era stata spesa bene, voleva sentire nel suo cuore l’amore del Riparatore, del Crocifisso, l’amore di Cristo verso il Padre e verso le anime, ma voleva sentire ancora nella sua carne il dolore del Riparatore. E’ in questo mistero che Padre Terenzio cedette, cedette ed accolse questo voto e lei l’ha vissuto sino alla fine.
Nei momenti di crisi, se così si possono chiamare, o meglio nei momenti bui, momenti in cui proprio a catena di montaggio si presentano le tentazioni, i guai, i momenti tristi, la pesantezza della malattia, Suor Alfonsa moltiplicava la sua preghiera e rinnovava tutte le sue offerte, compreso il voto di martirio.
Possa il Signore benedire noi tutti, la nostra bella città di Messina, la nostra Chiesa, l’Arcidiocesi di Messina. Non si è estinta la corrente forte della santità. Abbiamo dei campioni nella nostra Chiesa di Messina. Basta ricordare: la nostra Santa Eustochia Smeralda; come Padre Annibale, Sant’Annibale Maria di Francia; adesso il Venerabile Antonino Celona. Questo profumo di santità è ancora contagioso.
Chiediamo a Suor Alfonsa di essere anche noi toccati dal Cielo per costruire la nostra santità pensando a lei che sia come donna che come consacrata possa essere modello di riferimento.
Sia lodato Gesù Cristo.
Messina, 23 Agosto 2018