L'Osservatore Romano - 23 Agosto 2002 - Suor Maria Alfonsa di Gesù Bambino

L’Osservatore Romano – 23 Agosto 2002

Monsignor Pio Vittorio Vigo arcivescovo di Monreale e delegato per la vita consacrata ed i rapporti con i religiosi della C.E.SI.
Articolo a cura di MONSIGNOR PIO VITTORIO VIGO

SUOR MARIA ALFONSA DELLE ANCELLE RIPARATRICI

Leggendo le note biografiche di suor Maria Alfonsa di Gesù Bambino della famiglia religiosa delle Ancelle Riparatrici, la mente va in cerca di alcune immagini per riuscire a sintetizzare ed a conservare nel cuore il messaggio della sua vita. Io ne ho trovate tre che mi aiutano a ricordare la ricchezza della sua testimonianza. Ordinate tra loro, riescono a delineare l’itinerario spirituale percorso da lei. 

La prima immagine è quella del chicco di grano. Come dice il Vangelo, è quel seme caduto in terra, destinato a portare molto frutto se muore. Il seme della vocazione cadde nel terreno buono di una famiglia numerosa, di vita cristiana autentica ed intensa, e raggiunse la quinta dei sette figli, Elena, attraversando gli itinerari misteriosi che solo la Provvidenza conosce e può scegliere. Venuto il tempo della decisione sulla scelta della sua vita, la giovane s’interrogò sulla risposta da dare a ciò che sentiva nell’anima. E dopo attenta riflessione, aiutata da validi consigli, si orientò decisamente per la vita consacrata, abbracciando il carisma dell’Istituto delle Ancelle Riparatrici. 

Mentre si andava preparando per far maturare in lei le capacità oblative ed apostoliche, sentì nell’animo l’anelito missionario: era chiamata ad essere un buon chicco di grano capace di portare frutto anche a popoli lontani. 

Alla professione religiosa prese il nome di suor Maria Alfonsa. Due mesi dopo, spiritualmente fresca ed entusiasta per i voti semplici appena emessi, partì come missionaria negli Stati Uniti d’America. Era arrivata per lei la stagione per far maturare la spiga e venire incontro alla fame di verità e di grazia dei piccoli, delle giovani, delle famiglie. 

Ben presto, però, Dio le chiedeva silenziosamente di cambiare ruolo nella Chiesa e nell’Istituto, per assumere la funzione più difficile: quella di essere radice. Il disegno divino si manifestò con la malattia. I primi sintomi si fecero presto sentire; e dopo pochi anni e tanti accertamenti e cure, dovette rientrare in Italia, per trovare il suo nuovo posto “missionario” a Messina, nella Casa Madre del suo Istituto. Qui, nella sofferenza, inizia la sua nuova missione. Si offre “Vittima di amore” per completare il suo essere “Anima Ostia” e “Ostia Riparatrice”, destinando ogni atto di amore per la santificazione dei sacerdoti e delle Ancelle, sue consorelle. Scende, così, nel cuore del carisma delle “Ancelle Riparatrici”, per attingere linfa soprannaturale direttamente alla sorgente della croce e secondo le modalità di essa. 

Nel segreto della sua consacrazione, come “radice”, assimilava tutti gli elementi di grazia per assicurare al grande albero della Chiesa e dell’Istituto stabilità e fecondità evangelica. 

Nella malattia, vissuta nella fede, l’amore si affina e la conduce all’intimità più profonda. Suor Maria Alfonsa riuscirà a proclamare, con la gioia che distinse il suo volto ed il suo animo, il “Credo al dolore come dono di Dio”. Il dialogo verginale e sponsale che lei condusse, giorno e notte, con Cristo Crocifisso, nell’intimità della preghiera, raggiunse espressioni piene di confidenza e di tenerezza, come questa: “Solo Tu, Crocifisso mio, hai riempito la mia vita”.

Un’altra dimensione, ancora, andava maturando nella sua vita: quella di essere lampada vivente ai piedi di Gesù sacramentato. La sua prima e continua occupazione divenne l’adorazione eucaristica. Qui la confidenza e la semplicità dell’animo l’hanno fatta progredire nell’intimità più completa dell’amicizia. Fa voto di “segretaria” di Gesù Eucarestia. E seguendo gli insegnamenti del fondatore dell’Istituto, padre Antonino Celona, si offre come “sacerdotessa e vittima”. 

Alla luce del Crocifisso e dell’Eucarestia comprende meglio la vocazione di ancella riparatrice: “A Gesù non manchi mai la sentinella di corte, riparatrice”.

Ma l’amore non ha limiti e barriere. Perciò sente ulteriormente il bisogno di fare il voto di “fiducia e di abbandono”. Un cuore così svuotato di ogni umano attaccamento, e tutto donato all’Amore, non può non suggellare l’unione, con il “fiat” di Maria. Nasce così in lei l’atto di offerta totale con “eccomi, Signore, fiat” che compendia il travaglio del seme, il nascondimento della radice, il consumarsi della lampada. 

Chi ha avuto la grazia di avvicinare suor Maria Alfonsa in vita ha potuto beneficiare dell’esempio luminoso della sua mitezza e della sua gioia, del conforto della sua parola, del sostegno della sua preghiera costante. Oggi, a noi che ritorniamo ad attingere alla testimonianza della sua vita, ci viene rivolto l’invito a scegliere l’essenziale e ad amare la verità fino all’eroismo. 

Monreale (PA), 12 febbraio 2002

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