Omelia a cura di Mons. Gaetano Tripodo
Sono molto contento stasera nel ritrovarmi con voi, nel presiedere questa celebrazione nel ricordo sempre carico di emozione di Suor Maria Alfonsa.
Desidero ancora ringraziare la Madre Generale, Suor Natalicia De Sousa, per avermi rivolto l’invito.
E ringrazio tutti voi.
Penso che la nostra, la vostra presenza è uno dei segni della bellezza spirituale di Suor Maria Alfonsa. Chi per un motivo, chi per un altro ha conosciuto direttamente o indirettamente Suor Alfonsa. Io ho avuto la gioia di poter parlare tante volte con lei. Ma forse tra di voi ci sono persone che non l’hanno neanche vista ma ne hanno sentito parlare, hanno letto i suoi scritti, o forse l’avranno vista soltanto qualche volta. Ma quando parliamo di santità, non è importante vedere con gli occhi del corpo, non è importante un riconoscimento dal punto di vista fisico, anche se il contatto fisico, il rapporto fisico certamente è importante. E gli occhi del corpo ci aiutano a vedere anche meglio con gli occhi dello spirito. Ma le cose dello spirito si vedono senza gli occhi del corpo, non sono necessari; quando ci sono, quando c’è la vista è un grande dono, questa può aiutare ma se non c’è è la stessa cosa. Perché la testimonianza di Suor Alfonsa, grazie anche all’impegno di tanti, è arrivata in tanti paesi dell’Europa, in tante nazioni dell’Europa e del mondo e quindi c’è chi apprezza le sue doti spirituali soltanto per aver letto qualcosa o per aver ascoltato una testimonianza.
Questo anniversario si inserisce molto bene nella Liturgia di questa XXI domenica.
Abbiamo ascoltato la conclusione del Cap. 6 del Vangelo di Giovanni, dedicato interamente all’Eucaristia. Cuore della vita di fede di ogni credente e Amore adorato e vivo nell’esistenza di Suor Alfonsa. Non possiamo parlare della vita cristiana senza l’Eucaristia. Non possiamo parlare di Suor Alfonsa senza l’Eucaristia.
Gesù, in questo brano, proclama una delle Verità di Fede più alte a cui invita l’uomo perché possa accedere a queste Verità: <<Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita Eterna>> è questa una delle frasi che ritornano nel Cap. 6 di S. Giovanni ed a cui fa riferimento il brano che abbiamo ascoltato, la conclusione del Cap. 6 di S. Giovanni. Chi può dare la Vita Eterna, chi può promettere l’immortalità, chi può accettare che Gesù è Dio? Queste parole venivano rivolte a tanti Ebrei e per loro queste parole di Gesù risultavano molto strane. Un uomo che dà la Vita Eterna. Come può un uomo dare la Vita Eterna? Per noi forse è scontato ed assodato che Gesù è Dio; ma per gli Ebrei che ascoltavano questo Rabbì, uno fra tanti, uno che certamente aveva tanti discepoli, forse ne aveva più degli altri Rabbì, ma fino a che punto i suoi contemporanei, suoi discepoli (per discepoli intendiamo non solo i discepoli, ma la grande folla che lo seguiva e lo ascoltava) come potevano credere a queste parole? La durezza di questa Parola, Gesù esordisce nel brano che abbiamo ascoltato: <<Questa Parola è dura. Chi può ascoltarla?>>. La durezza di questa Parola è legata al riconoscimento dell’Identità Divina di Gesù. <<E se vedeste il Figlio dell’Uomo salire, là, dov’era prima?>>; vedete? Gesù chiama in causa la Fede. E la fede non riguarda le cose del corpo principalmente o solamente. Riguarda le cose dello Spirito. “Tanti di loro, tanti dei discepoli non andarono più con Lui, tornarono indietro”, ecco il momento difficile della vita di Gesù, uno dei momenti più terribili perché credo che la solitudine sia una delle prove più grandi soprattutto la prova più grande per chi educa, per chi ammaestra, per chi ha fatto della propria vita un dono agli altri e poi si ritrova da solo. Ma questa è la storia di Gesù. E questa è la storia di tanti, di tanti Santi. Forse anche Suor Alfonsa ha sperimentato questo momento di grande solitudine. Non ci meraviglia, perché ciascuno di noi per vicende varie, per vicende personali può attraversare momenti di solitudine. Tutto ciò che ha dato, tutto ciò che ha fatto sembra svanire in un momento. Questa Parola è dura perché non trova il riconoscimento, il cuore aperto da parte dei discepoli. Discepoli che lasciano Gesù, discepoli che abbandonano Gesù, discepoli che preferiscono un’altra strada al punto tale che Gesù dice ai dodici, al gruppo ristretto: <<Volete andarvene anche voi?>>. E’ una domanda che esprime la desolazione del cuore del Cuore di Cristo, la sofferenza del Cuore di Cristo, ma allo stesso tempo la determinazione di Gesù. Gesù era disposto a rimanere da solo perché ciò che doveva annunciare andava annunciato, ciò che doveva essere detto e proclamato, doveva essere detto e proclamato a qualunque costo. E ci sono momenti della vita in cui anche noi possiamo trovarci in queste situazioni. Fino a che punto siamo capaci di dire ciò che è giusto, ciò che è vero, ciò che è buono. Certo dovremmo fare una premessa, ammesso che sappiamo che cosa è più giusto, che cosa è buono, che cosa è vero. Ma qualora avessimo la certezza di ciò dovremmo avere, dovremmo sfidare il pericolo di rimanere da soli. Gesù rimane da solo nell’orto degli ulivi. Suor Alfonsa rimane da sola nella sua sofferenza. Si, aveva le consorelle, aveva tante persone che l’andavano a trovare. Ma ci sono momenti in cui le prove si vivono da soli e sei tu da solo con la tua sofferenza. Sei tu da solo con la tua prova. E per quante persone tu possa avere accanto e per quanta fede tu possa avere c’è il momento in cui tu ti senti solo: <<Volete andarvene anche voi?>> sono queste le parole di Gesù. Ed ecco qui la risposta di Pietro: <<Signore da chi andremo?>>
Forse anche a noi, qualche volta, sarà venuta la voglia di scappare; di scappare dai nostri doveri, di scappare dai nostri compiti; di fuggire. Di voler fuggire dalle responsabilità a cui la vita ci ha chiamati. Però se poi rientriamo in noi stessi diciamo: <<Ma dove devo andare? Ma questa è la mia vita. Con tutte le difficoltà, con tutti i problemi, con tutti gli sforzi, con tutte le contraddizioni dell’esistere umano. Ma dove devo andare Signore? Aiutami Tu!>>. Credo che questa preghiera di Pietro, stasera, siamo chiamati a farla nostra. E quando la mattina visitava l’esistenza di Suor Alfonsa, che sicuramente lei avrà detto al Signore <<Signore, volevo fare la missionaria. Mi hai fatto partire, sono andata negli Stati Uniti. E poi?…ma perché?>>. Quanti perché nella nostra vita. Allora se i nostri perché della nostra vita, li mettiamo dinnanzi a Dio. Se i nostri perché li mettiamo dinnanzi all’altare, dinnanzi all’Eucaristia come sapeva fare in modo straordinario e meraviglioso Suor Maria Alfonsa allora le cose le vedremo diversamente. Non cambieranno le situazioni della nostra vita. Probabilmente resteranno le stesse, ma le vedremo diversamente, le affronteremo diversamente. Avremo una carica interiore. Potremmo dare anche aiuto agli altri come Suor Alfonsa. Chi ha incontrato Suor Alfonsa: se ne andava un po’ meglio, se ne andava un po’ più sereno, se ne andava un po’ più tranquillo dopo aver parlato con lei. Io vi faccio questo augurio, stasera, che chiunque vi incontri, chiunque il Signore porrà sul vostro cammino possa andare via, da quell’incontro con voi, un po’ meglio, un po’ più sereno nel cuore, un po’ contento. Allora realmente questo sarà il segno che Dio è all’opera nella nostra esistenza.
<<Signore da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che Tu sei il Santo di Dio>>. Tu hai parole di vita Eterna. L’unica Parola di vita Eterna. Quante parole… quante parole: siamo nell’era delle parole. Da tutti i lati siamo bombardati, nel bene e nel male. Le parole sono tantissime e si sprecano con tutti i mezzi di comunicazione che abbiamo a disposizione. Quante parole! Ma ricordiamoci sempre che la Parola è una: Gesù Nostro Signore. Amen.
Messina, 23 Agosto 2015