Omelia a cura di Mons. Francesco La Camera
Ci siamo ritrovati in un pomeriggio di fine estate, in questo luogo che ci aiuta a godere in pienezza dei frutti della Celebrazione Eucaristica, senza essere distratti dal caldo o dal sole; abbiamo risposto all’invito del Signore con il nostro contegno, veramente straordinario per un’assemblea così numerosa. Vogliamo concentrarci ed orientarci sull’unica cosa veramente importante: l’amore di Dio. Il momento particolare che viviamo ci coinvolge tutti e non soltanto emotivamente ma siamo consapevoli di dover passare da una religiosità un po’ emotiva (che è quasi sempre il limite di un percorso di fede) ad una religiosità che poi diventa profonda, intensa, totalizzante, radicale. E io penso che tutti qui ci troviamo con questo profondo desiderio di vivere quest’esperienza di grazia, nel momento così bello in cui ricordiamo il XXII Anniversario del Pio transito di Suor Alfonsa.
Forse molti qui l’hanno conosciuta; tanti di noi, invece, non hanno avuto questa fortuna, ma tutti La conosciamo nella fede, tutti conosciamo la Sua vita, tutti ci lasciamo sollecitare dalle Sue virtù e cerchiamo non soltanto di ammirare questa vita straordinaria, ma anche di portarla nella nostra vita.
In realtà, cari fratelli e sorelle, quando noi viviamo un’esperienza spirituale forte, soprattutto quando vogliamo compiere un vero atto di devozione, non dobbiamo soltanto fermarci ad ammirare, a magnificare ciò che hanno fatto coloro che ci hanno preceduti nel cammino della santità, ma dobbiamo trasformare tutti questi sentimenti in vita concreta.
Allora noi oggi pomeriggio dobbiamo fare proprio questo percorso, cioè dobbiamo cercare di guardare alle virtù e alla vita di Suor Alfonsa, non soltanto per dire “che bella vita, che vita santa” ma anche per dire: “e adesso io che cosa devo fare?”, dopo che ho colto la bellezza di questa vita, “che cosa devo fare?”.
Non stiamo quindi vivendo soltanto la commemorazione di un evento, ma vogliamo rivivere quest’esperienza a modo nostro, nelle nostre vite. Noi non siamo Suor Alfonsa, abbiamo evidentemente una vita diversa, ma nella diversità della nostra vita noi possiamo certamente vivere la stessa esperienza spirituale.
Allora oggi, veramente cerchiamo di metterci in questa prospettiva e tutti noi fare il nostro cammino interiore, anche nello spazio breve di questa Celebrazione Eucaristica che è soltanto l’inizio (non si ferma evidentemente tutto qui!). In questo spazio breve proviamo a fare un percorso interiore, che ci faccia cogliere e rendere sempre più consapevoli della possibilità di essere santi, e, contemporaneamente, ci sproni alla nostra santità, non a guardare solo la santità degli altri. Cerchiamo di vivere anche nella nostra vita la santità.
Certo sappiamo che Suor Alfonsa ancora “tecnicamente” non è Santa, non c’è ancora la pronuncia della Chiesa sulla Sua santità, però forse non tutti sanno che i processi di canonizzazione, che sono quegli itinerari che la Chiesa prevede per dichiarare la santità di membri straordinari del Popolo Santo di Dio, passano attraverso vari livelli, ma quello che non può mancare è ciò che noi ora stiamo manifestando, cioè la consapevolezza nel Popolo Santo di Dio della santità della candidata agli altari.
Allora noi con questa nostra presenza così bella, così nutrita, così importante, non stiamo facendo altro che animare questa devozione e quindi dare alla Chiesa la consapevolezza che anche per noi, soprattutto per noi, veramente in questa donna straordinaria la santità è arrivata a maturazione.
La domanda che oggi ci facciamo che vuole essere il filo conduttore di tutta questa nostra Celebrazione Eucaristica è proprio questa: “io che cosa posso fare per vivere allo stesso modo questa chiamata alla santità? Qual è il mio compito nella Chiesa e nella società? Che cosa devo essere e devo fare per poter essere anch’io santo?”.
Anche Sant’Agostino durante la Sua vita proprio si chiedeva “se quello e questo ci sono riusciti ad essere santi, perché io non posso riuscirci?”. Oggi noi facciamoci la stessa domanda: se Suor Alfonsa e tanti altri (come Monsignor Celona e tanti altri cari alla nostra memoria) sono riusciti a compiere il percorso della santità perché io non lo devo fare? Che cosa me lo impedisce?
Ce lo chiederemo tutti noi e ciascuno di noi, Popolo Santo di Dio, che vive immerso nella propria vita, nella propria quotidianità, nella propria famiglia, nella propria scelta di vita, nei propri affanni, nelle tribolazioni, nelle gioie.
Se lo chiederanno, in modo particolare, quelli che hanno fatto una scelta identitaria, come gli Amici di Suor Alfonsa che, non solo hanno scelto di far parte di un’Associazione, ma hanno scelto di far parte di una Associazione di fedeli che si riconosce nelle virtù di questa donna, quindi c’è un surplus di responsabilità, un dovere di imitazione e di impegno.
Se lo chiederà tutta la famiglia della riparazione che è qui presente in tutte le sue parti, le Sentinelle, le Piccole Ancelle, le Dame, l’Agemac, tutti quelli che in qualche modo incarnano questo carisma così bello.
Ce lo chiederemo tutti noi che ci sentiamo interpellati da questa vita, le Suore Ancelle Riparatrici che con Suor Alfonsa condividono la stessa esperienza spirituale, noi Sacerdoti, Diaconi, tutti noi che abbiamo fatto una scelta totale di Dio e che siamo sempre alla ricerca della nostra santificazione.
Oggi la Parola di Dio ed i testi eucologici ci vengono incontro in questo percorso spirituale che vogliamo fare: abbiamo scelto appositamente la Messa votiva del Sacro Cuore di Gesù, non solo perché siamo all’ombra di questa grande statua che ci richiama la bellezza del Cuore di Gesù, ma anche perché siamo nell’anno della Misericordia, e quindi vogliamo entrare anche noi in questo spazio infinito di amore del Signore, e vogliamo sforzarci di entrare anche noi in questo Cuore, e da questo Cuore pieno di misericordia e di amore di Dio, vogliamo trarre tutto il nostro bene.
Ma sentiamo anche il bisogno di “scaldarci il cuore”: a volte siamo tutti noi irrigiditi nelle nostre vite, nelle nostre preoccupazioni, sentiamo il bisogno di scaldare il nostro cuore per poterlo aprire al dono della grazia. Il Signore viene in tutte le nostre vite, ma non in tutte le vite trova la giusta accoglienza. Quando noi ci chiudiamo al dono di Dio, evidentemente è difficile che possiamo cogliere il frutto della grazia. Quando invece il nostro cuore si apre, e risponde a questo amore straordinario di Dio, allora certamente il nostro cammino di santificazione fa un grande balzo in avanti, fino a giungere alla perfezione ed alla maturità. Abbiamo ascoltato questo bellissimo brano del profeta Osea, un piccolo libro dell’Antico Testamento in cui viene narrato l’amore di Dio per il suo popolo. Un’amore preveniente! L’amore di Dio per ciascuno di noi è un amore preveniente, cioè un amore che viene prima della nostra risposta, che Dio sceglie di donarci e che Dio ci manifesta con larghezza, con generosità, con fedeltà.
Certo il libro del profeta Osea ci fa vedere il popolo d’Israele diremmo quasi incapace di amare Dio allo stesso modo, un popolo che non è sempre fedele, non è sempre pronto a rispondere a questo amore straordinario. Ma il Signore perdona, va incontro, aiuta, sostiene, benedice, così come fa con ciascuno di noi.
Dio si lascia incontrare da noi in qualche momento della nostra vita.
Leggendo le biografie di Suor Alfonsa, ci colpisce il momento in cui probabilmente lei incontra completamente il Signore. E’ difficile per noi dire quale sia questo momento, nessuno lo può sapere, solo Lei e la sua storia d’amore con Dio. Ma probabilmente lo possiamo individuare in quel giorno, festa della Madonna della Lettera, di quando lei, ancora diciassettenne, afferma di essersi sentita chiamata dal Signore in un modo straordinario.
Si trovava a Messina, peraltro, forse per allontanarsi da qualcosa che poteva distoglierla dal suo amore per Dio, e lì incontra il Signore scegliendo irrevocabilmente di vivere la sua esperienza d’amore con Gesù. Chissà noi quante volte, in quanti momenti, abbiamo fatto quest’incontro di grazia. Anche noi certamente abbiamo incontrato il Signore: magari non ci ha mosso ad una scelta totale di vita, di speciale consacrazione, ma magari ci ha mosso alla santità della vita matrimoniale, all’impegno della vita laicale.
Tutti abbiamo incontrato il Signore, ma l’incontro con il Signore prevede da parte nostra una forte volontà.
Dall’incontro con il Signore deve nascere una decisione irrevocabile di Dio, e questo caratterizza tutta la vita di Suor Alfonsa, tutta la sua esperienza spirituale: la scelta irrevocabile di Dio. Il Signore non viene mai messo in discussione, anche quando la vita fa sentire i suoi morsi. Il Signore è sempre l’orizzonte nel quale proiettarsi, è sempre la roccia a cui aggrapparsi, è sempre la certezza che non crolla mai.
Chiediamoci: “Noi del nostro con il Signore che cosa ne abbiamo fatto?”. Magari lo abbiamo messo in discussione, non siamo stati fedeli, non siamo stati attenti e pronti: ma solo quella è la chiave di volta della nostra vita.
Molte volte quando rifletto sulla vita di Suor Alfonsa (io ho la fortuna di celebrare tutti i giorni in questa Chiesa e quindi sono sempre sollecitato dalla Sua Presenza nel sarcofago in Chiesa) mi rendo conto che a volte facciamo tutti l’errore di leggere la vita di Suor Alfonsa partendo dalla fine, partendo dall’esperienza della malattia, e pensiamo che quella sia la chiave di volta della Sua vita.
Io credo che bisogna mettere in ordine le cose, perché tutta l’esperienza spirituale di Suor Alfonsa viene letta correttamente se si parte da questa scelta irrevocabile di Dio, perché è alla luce della scelta di Dio che tutto nella vita può essere accettato. Può essere accettata, per esempio la stessa scelta che Suor Alfonsa fa: decide di andare in missione, si sente chiamata alla missione, parte per l’America, e vive soltanto 8 anni di esperienza missionaria, tra l’altro contrassegnata già dalla malattia incipiente. Ma la Sua fede non crolla, la certezza che il Signore l’ha chiamata non viene meno, anche se umanamente potremmo dire che l’esperienza missionaria sia stata fallimentare perché è dovuta rientrare ammalata e non ha potuto compiere tutto quello che avrebbe desiderato fare.
Era forte nel Suo Cuore il desiderio di donarsi, era forte nel Suo Cuore il desiderio di evangelizzare, ma anche la stessa esperienza missionaria, in sé, assume contorni strani: dicono le fonti della vita di Suor Alfonsa che arrivata nell’Ohio, in questo stato dell’America Settentrionale, si trovò a fare dei servizi apparentemente incompatibili con la vita missionaria. Si trovò a spalare neve, a mettere piastrelle nei pavimenti, a fare dei servizi che avrebbe forse potuto fare anche qua. Forse, allora, non c’era bisogno di andare in America? Ma la chiamata di Dio non si mette in discussione e il Signore e la Sua fantasia creatrice ci mette dinnanzi le esperienze della vita che noi dobbiamo accettare in forza di quell’amore preveniente di cui parla il profeta Osea, e in forza della scelta di Dio che noi abbiamo fatto.
Quindi, cari fratelli e sorelle, tutti noi che a volte ci sentiamo delusi dalla nostra vita, che a volte pensiamo che la vita che viviamo non è quella che avremmo voluto vivere, o che a volte pensiamo che se avessimo fatto questo o quell’altro chissà che cosa sarebbe successo: ecco da questa esperienza della vita si suor Alfonsa traiamo grandissimo insegnamento. Non è la nostra scelta di vita che dà valore alla nostra vita, ma è la nostra scelta di Dio che dà valore alla nostra vita.
E così per Suor Alfonsa, la Sua scelta di Dio illumina tutta la Sua esistenza, illumina tutta la Sua vita, nei momenti belli, nei momenti lieti, anche in quelli meno belli, in quelli dolorosi e difficili.
Quando entra in Congregazione delle Ancelle Riparatrici, 60 anni fa esattamente scrive quest’espressione, che ci può sembrare strana considerata la sua giovanissima età, “i miei gusti sono le cose forti, ardenti, rischiose, la sofferenza continua richiede un eroismo perseverante, è la prova più grande dell’amore di Dio”. Ecco l’eroismo perseverante, cioè la capacità di non lamentarsi di quello che la vita ci presenta dinnanzi, del “piatto” che abbiamo davanti, delle condizioni in cui ci troviamo, ma la capacità di far diventare quelle condizioni occasioni straordinarie di redenzione, di salvezza, e di grazia. Anche la malattia, vissuta in quella doppia prospettiva della speranza (fino almeno ad un certo punto ma forse anche oltre), di una guarigione o della capacità di essere pronta a potere riprendere il suo ritmo ordinario di vita, e soprattutto dell’accettazione di una malattia che potrebbe trasformarsi in una esperienza di fine vita, invece diventa un’esperienza di fecondità. Ma veramente proviamo ad imparare da Suor Alfonsa: una situazione che a chiunque di noi potrebbe sembrare la conclusione assoluta della vita, per lei diventa l’esperienza più feconda della Sua esistenza perché da questa malattia trae tutta quella ricchezza interiore, che non soltanto giunge a perfezione ma che diventa addirittura dono per gli altri, perché questo amore traboccante che c’era nel Suo cuore, si offre e si concede agli altri.
Pensiamo allora al nostro modo di pensare in cui ogni piccola asperità della vita diventa la fine del mondo, pensiamo a noi che per ogni contrarietà ci sentiamo disperati, pensiamo a noi per cui ogni problema insignificante diventa uno scoglio insormontabile. Guardiamo invece a questa vita santa che, non dimentichiamolo mai, in virtù di una scelta irrevocabile di Dio già fatta, trasforma in grazia anche le occasioni e le situazioni più difficili. E’ questa la fede straordinaria di Suor Alfonsa, che si definiva con un’espressione molto simpatica, una “pallina trapuntata di spilli” perché si sentiva un po’ sballottata , soprattutto negli ultimi anni della vita quasi palleggiata tra tutti quelli che l’aiutavano ma trapuntata di spilli a motivo del dolore: una malattia che amplifica ogni contatto, quindi anche una carezza diventa un dolore enorme, questa pallina trapuntata di spilli arriva alla perfezione della fede cristiana perché, come abbiamo sentito nella Lettera agli Efesini, in lei c’era la presenza potente di Cristo che rende più forte dentro di noi l’uomo interiore, mentre magari l’uomo esteriore va disfacendosi, e che ci permette, grazie a questa presenza accolta di Cristo dentro di noi, ci permette di conoscere l’ampiezza, la lunghezza, la profondità e di giungere alla pienezza della maturazione.
Che cos’è per Suor Alfonsa, possiamo immaginare, la pienezza della maturazione di fede? E’ questa accettazione di sé, così come il Vangelo di questa sera ci dice, un’accettazione di sé che è piccola, che è umile (amava Santa Teresa di Lisieux che parlava della piccola via), di questa fiducia sconfinata nell’amore di Dio, di questo totale abbandono nel Signore, che non vede ostacoli, che non vede impedimenti. Ma questa esperienza straordinaria giunge a maturazione proprio quando vive l’esperienza della malattia dove (e per noi in questo anno straordinario è un grande appello) diventa Lei stessa luogo della misericordia. Tutti sapevano che nel Tempio di Gesù Sacramentato , c’era una donna, in fondo alla navata, che era capace di ascoltare, che era capace di perdonare, che era capace di riconciliare, che era capace di consolare, che era capace di incoraggiare. Una donna straordinaria che svolgeva una funzione sacerdotale, proprio quella funzione sacerdotale che dovrebbe e deve fare rinascere sempre a vita nuova.
Leggendo alcune testimonianze, mi sembra abbastanza ricorrente quella espressione secondo cui la gente che si avvicinava a lei non si accorgeva che era malata tanta era la luminosità, tanta la gioia, ed a questi uomini e donne Suor Alfonsa diceva sempre: “ti stavo aspettando” sebbene neanche le conoscesse. E allora noi tutte le volte in cui noi ci sentiamo incapace di perdonare, tutte le volte in cui ci irrigidiamo nelle nostre posizioni, tutte le volte in cui siamo intransigenti, tutte le volte in cui troviamo a noi stessi tanti alibi per essere duri, fermi, immobili, impariamo da questa donna che, nonostante la malattia e le sofferenze era capace sempre di un sorriso, era capace di accoglienza.
Ventidue anni fa, come oggi o quasi, qualche giorno dopo, in questo cortile è stato celebrato il funerale di Suor Alfonsa. Mi ha colpito leggere, che quando fu riposta nella sua bara, annotano, ancora sorrideva, ancora sorrideva! Una donna che veramente ha interpretato benissimo il valore della vita, il valore della santità.
E allora, cari fratelli e sorelle, noi che ci sentiamo interpellati da questa vita, abbiamo l’obbligo non soltanto di godere di queste straordinarie virtù ma dobbiamo anche farle nostre. E non è difficile, non è impossibile. Suor Alfonsa era una creatura come noi, ma una creatura che aveva saputo fare la sua scelta fondamentale, l’opzione fondamentale, quel valore straordinario che è Dio e che non viene mai messo in discussione. Sempre lì al suo posto, dinnanzi a Gesù Eucaristia, accanto al suo Padre Fondatore che tanto amava, e che le aveva insegnato il valore del carisma della riparazione, lei, silenziosa, attendeva, amava, sperava, camminava insieme a tanti di noi ed ancora oggi certamente lo fa.
E allora, la nostra devozione, veramente si trasformi in scelta di vita.
Facciamo in modo che queste suggestioni che riceviamo ogni 23 del mese, il 23 di agosto, ogni volta che pensiamo a Suor Alfonsa, non cadano e non scivolino su di noi come quando la pioggia scivola su un impermeabile. Facciamo in modo che ci permeino, ci caratterizzino, entrino dentro di noi, trasformino la nostra vita, ci facciano veramente santi.
La santità, diceva S. Giovanni Paolo II, è possibile per tutti. Nessuno è predestinato alla santità, tutti siamo chiamati alla santità.
Il Signore allora, ci dia la grazia di vivere santamente la nostra vita, ci dia la grazia di continuare ad amare Suor Alfonsa e sentire la Sua presenza fissa nella nostra vita, che ci sollecita ad essere sempre migliori, ad essere anche noi santi, ad essere anche noi misericordiosi.
Ci conceda il Signore di vivere santamente per santamente morire e così vivere per sempre con Lui.
Messina, 23 Agosto 2016